La pancia del Bluenergy Stadium racchiude uffici e sale dedicate alla storia dell'Udinese, i primi bianconeri d'Italia come si legge su una foto d'epoca. È a pochi passi dalle maglie, incorniciate e appese in ordine temporale, di alcuni capitani come Bierhoff, Di Natale, Handanovic, Sánchez e altri calciatori della storia recente (e meno recente) della squadra friulana che Julio Gutiérrez, reduce dalla sessione pomeridiana con la Primavera di cui è vice allenatore, apre il suo sorriso e inizia un salto nel passato di quasi venticinque anni: stagione 2001/2002, primo anno in B per il Messina del compianto presidente Emanuele Aliotta, che qualche mese prima aveva conquistato la cadetteria dopo un campionato intensissimo, il pomeriggio di Avellino e i seguenti play-off con il rigore di Sullo a piegare il Catania. Gutiérrez, classe 1979, dopo il poco spazio proprio all'Udinese nella prima stagione in Italia, accetta il prestito in giallorosso, e il ricordo è "bellissimo, bellissimo perché è stato un periodo importante della mia vita -esordisce, aprendo il cassetto dei ricordi-. Avevo 19 anni quando sono arrivato in Italia, stavo per compierne venti, e l'Udinese ha sempre avuto questa impostazione di portare ragazzi giovani per farli crescere; il primo anno, per l'adattamento alla lingua e alla cultura, oltre che al lato sportivo, è stato difficile, però lo sapevo dall'inizio. L'anno successivo avevo più voglia di giocare e di mettermi in mostra, e alla possibilità di andare in prestito al Messina ho detto subito sì. Sono arrivato in una città che veniva dalle vittorie in C e aveva bisogno di salvarsi in B, con una squadra secondo me all'altezza dell'obiettivo che ci era stato chiesto". L'impatto in riva allo Stretto è stato "spettacolare, perché mi sembrava di stare in Sudamerica grazie a tutta la tifoseria, tutta la gente che era dietro a questa squadra. Quello che si respirava in città mi ha ricordato come si vive il calcio in Cile, ma un po' in tutto il Sudamerica; erano i miei primi passi a livello professionale e ho dato cuore e anima. Mi sono rimaste impresse le emozioni che mi dava la gente, perché vedevano che davo tutto, dall'inizio alla fine. Ho fatto prestazioni buone e altre meno buone, ma come capita sempre nel calcio—però non è mai mancata la voglia di esserci, di dare una mano alla squadra, quindi ho sempre sentito questo, l'attaccamento con tifosi, società e compagni in quel momento, e mi è sempre stato riconosciuto da parte della tifoseria".

Nel primo anno con la biancoscudata Julio mette insieme trentaquattro presenze e quattro reti, importanti come quelle in trasferta tra Cittadella e Modena che portano quattro punti a fine girone d'andata, ma anche una piccola gemma come quella del pari contro l'Ancona, la prima in giallorosso al 92'.
"Nel finale, e addirittura non è stato un gol così, che magari ti capita su calcio d'angolo o rimpallo. No, è stato un bel gol davvero e ci è servito per un pareggio che ci ha aiutato anche sicuramente per la salvezza. Tutto quello che abbiamo fatto è stato fatto per raggiungere quell'obiettivo, per mantenere Messina in Serie B. Credo di avere aiutato, quindi mi sento un po' partecipe di tutto quello che abbiamo vissuto quell'anno lì".

Gutiérrez in carriera ha raggiunto anche la Nazionale, vestendo cinque volte la camiseta della Selección cilena, giocando anche insieme al Mago Jorge Valdivia, uno degli ultimi, veri dieci che abbia giocato in questo sport. E il suo legame con i numeri 10 è speciale perché anche nell'avventura messinese, benché di riflesso, Julio entra nell'azione di uno dei gol più belli della storia biancoscudata, perché prima del gol contro il Palermo nel 2-0 del 14 ottobre 2001, quella palla viene difesa con carattere coriaceo proprio dal giovanissimo cileno.
"Mi ricordo, ricordo bene i derby che abbiamo giocato. Quella volta ricordo anche che venne ad arbitrare Collina, e capii l'importanza che veniva data a questo Derby della Sicilia: essere arbitrato da Collina era una cosa strepitosa per me. Lo vedevi in tv ad arbitrare Milan, Juventus e Inter e vederlo lì per il derby era bellissimo, anche per l'atmosfera, per lo stadio stracolmo anche negli edifici attorno e tutta la gente lì a guardare, cose che veramente ti mettevano i brividi. Sul gol -sorride- ricordo che ho lottato, ma ha fatto tutto Enrico. C'è un po' il mio zampino, ma il merito è tutto suo. Enrico però, come dici tu, è uno di quei 10 classici che c'erano, e ho avuto la fortuna di poter giocare con lui, una persona squisita che veramente ci metteva l'anima ogni partita, con una qualità e un genio che aveva solo lui. Faceva delle cose veramente meravigliose, vederlo giocare e giocare con lui è stato anche un piacere".

Ma il ricordo non finisce qui, perché quell'anno il capocannoniere del Messina è stato Denis Godeas, il gigante di Cormons, pochi chilometri di distanza dalla "sua" Udine. E inoltre, come se non bastasse, in quell'attacco esplosivo c'era anche il genio di Alessandro Iannuzzi, uno che senza infortuni avrebbe vissuto una carriera decisamente diversa.
"Denis veniva dalla C vinta con il Messina e arrivava in una B che era nettamente uno scalone superiore, ma lui ci ha dato dentro facendosi valere. Con Denis e Alessandro abbiamo fatto una buona amicizia, è nato un buon rapporto; Ale lo vedevo allenarsi e dicevo 'tanta roba' (ride, ndr), era un giocatore che mi piaceva tantissimo, così intelligente che vedeva la giocata sempre prima di avversari e compagni. Denis invece era il tipico nove, quello a cui davi la palla, faceva bene le sponde, sapeva attaccare bene la profondità e andava dentro in area. Ci siamo completati abbastanza bene, credo che quando abbiamo giocato assieme siamo stati una bella coppia, perché io gli creavo gli spazi per farlo andare a finalizzare. Io da seconda punta rompevo un po' di qua e un po' di là, poi metti anche che Enrico era molto bravo a darci questi passaggi e il gioco è fatto. Denis comunque ha fatto un buon anno e poi è partito anche per una carriera importante e sono stato molto contento per lui; ogni tanto, quando giocavamo da queste parti anche recentemente, dopo ci fermavamo a ricordare qualche momento. Abbiamo vissuto un bellissimo anno, sinceramente".

I numeri non possono spiegare bene la carriera di Gutiérrez, che in Europa non ha mai trovato una grande continuità realizzativa ma che non ha mai lesinato impegno, trovando però più reti una volta tornato a giocare in Sud America; l'impatto con il calcio italiano però è stato deflagrante anche dal punto di vista tattico, anche vista la rosa di quel Messina e come tanti, come lui, hanno successivamente iniziato ad allenare in prima persona: tra Sullo, forse l'esempio più fulgido, ai vari Campolo, Sasà Marra, lo stesso Godeas "e anche il capitano, Bertoni. Non so se ci sia un motivo particolare, ma credo che essendo di questo mondo qua una della cose migliori da poter fare è trasmettere la nostra esperienza, anche il nostro passato, quello che abbiamo imparato da giocatori. Poi non tutti magari riescono bene, perché non è facile fare l'allenatore, ma penso che se sei stato in questo mondo puoi dare una mano. Di quella squadra lì siamo usciti in tanti, forse anche perché anche dentro eravamo una squadra tattica, con una buona preparazione".

Il primo anno tanta continuità, il secondo un po' meno anche a causa di qualche guaio fisico; ma proprio nella stagione 2002/2003 a Messina arriva anche Amauri, e le cronache del tempo raccontano di un forte legame tra i due e di un'autoradio sempre a volumi importanti dopo gli allenamenti tornando verso Santa Margherita, dove risiedevano.
"Sì -ride-, abbiamo stretto perché eravamo entrambi sudamericani quindi poi ascoltavamo tanto la samba perché lui è nato in Brasile e a me piaceva anche sentire la sua musica. A volte però mettevamo la cumbia cilena, visto che abitavamo lì andavamo con la macchina assieme. Ci volevamo portare un po' del nostro Sud America in Europa, quindi ascoltavamo sempre questa musica qua".

Un ultimo pensiero, però, va a quel Messina e al rapporto, ancora vivo, con la città.
"Grazie per ricordarmi in quei momenti belli, per la mia carriera ma in generale dei bei momenti. Due anni in cui c'è stata voglia di continuare insieme sia da parte mia che della dirigenza, del presidente Aliotta che mi ha voluto anche il secondo anno e ha chiesto che tornassi. Ho dato il mio contributo alla salvezza, un po' anche il secondo anno nonostante gli infortuni, ma mi sono sempre sentito partecipe. Poi il Messina ha avuto tre-quattro anni importanti, è risalito in Serie A e mi ha fatto veramente tanto piacere".

Sezione: Erano a Messina / Data: Gio 06 febbraio 2025 alle 08:01
Autore: Gregorio Parisi / Twitter: @wikigreg
vedi letture
Print