Giorni di attesa e di ansia per le sorti di una squadra che, ottenuta la salvezza, avrebbe dovuto regalare un’estate tranquilla e, invece, siamo qui ad aspettare che il Messina esca dall’incertezza, paghi debiti su debiti, riesca a iscriversi e giocarsi un altro anno di Serie C. Si aspetta solo un po’ di serenità, di parlare di calcio, qui a Messina come nel resto d’Italia, perché sono tanti i messinesi che, costretti a vivere oltre Stretto, soffrono quanto e più dei messinesi in città, perché la distanza, come in amore (anche per la squadra di calcio), è un sacrificio.
Non ci sono parole per descriverlo, anche perché Giuseppe Puleo, uno dei tanti messinesi del Nord, ce le ha tolte e, allora, non possiamo fare altro che far “parlare” la sua lettera, tra i ricordi di un passato indimenticabile e un futuro che deve – si spera – garantire maggiori certezze e dare, magari, risposta alla domanda di un figlio undicenne.
Di seguito la lettera:
In una fresca serata di luglio mi ritrovo lontano dalla mia amata terra come tanti miei concittadini per motivi lavorativi. Da 14 lunghi anni ogni sera salgo in terrazza e guardo le stelle sapendo che anche a Messina qualcuno sta facendo lo stesso e questo mi conforta, poi chiudo gli occhi e mi ritrovo a vagare nei ricordi che non mi riportano alla granita mattutina o alle passeggiate sui colli San Rizzo, ma allo stadio “Celeste”, con quella girata al volo di Pannitteri nell'ultima gara di Serie D contro il Rende.
In quell’occasione fu riaperta la Sud dopo una stagione passata in gradinata: avevo 13 anni e fu la prima volta in Curva Sud, era il 97-98 se non sbaglio. Da allora, per sei anni consecutivi, ho sostenuto la biancoscudata senza mai assentarmi una domenica e sostenendo una sessantina di trasferte. L'amore per il Messina trainava l'intera città e anche in classe alunni e professori canticchiavano insieme “mi sbigghiai che era viatu” o “semu sempre cca'”.
La passione ti accompagnava dal lunedì al sabato, per poi esplodere la domenica con colori e cori da urlo. Con il “Celeste” imbattuto per mesi e anni. Quello striscione "nessuna notte é così lunga da impedire al sole di risorgere" divenne il mio grido di battaglia che mi accompagna tutt'oggi a quasi 32 anni. La città spingeva la squadra di calcio per un riscatto sociale e quello striscione nel giorno della promozione in C2 con Pietro Ruisi allenatore "e fu il primo passo verso la A" che ancora mi emoziona.
Perché noi in fondo ci credevamo nel sogno senza se e senza ma. Non era uno striscione messo là per caso.
Poi ci fu Bertucelli del Benevento che ci diede amarezza, ma fu un piccolo neo e la stagione successiva fu una cavalcata imperiale con tanto di inchino a Foggia di Scaringella. Poi arrivò il rigore di Sullo, la stagione successiva, a ridisegnare la storia a nostro favore contro l'elefante. Dopo qualche annetto di cadetteria l'impresa degli eroi con Franza presidente e Parisi goleador: il 3-0 sul Como e la festa per tutta la notte.
Poi il treno destinazione Varese con il Messina in serie A e la gente che nel treno dopo ore di viaggio che cominciava a socializzare e veniva fuori la classica domanda di dove sei? E tu che rispondevi prima ancora che avesse cessato di porgerti la domanda Messina !!! E tutti, dal bambino alla signora, che ti dicevano… siete in serie A!!!!!!!!!
Arrivi quasi al confine con la Svizzera orgoglioso e felice perché consapevole di aver dato il tuo contributo alla cavalcata imperiale con l'amore, con l'abbonamento, con le trasferte. Lasci tutto nelle mani dei tuoi concittadini, come una madre lascia un figlioletto all'asilo, sapendo che dopo poche ore potrà riabbracciarlo.
Io ad agosto tornerò perle ferie estive e vorrei riabbracciare il mio Messina, quello che ha regalato alla mia infanzia le giornate più belle. Magari a casa o nel quartiere dove sono nato c'era degrado ma il Messina era lì presente, non era una cosa astratta e aiutava i ragazzi a sentirsi parte della comunità e rispettare la città donando e infondendo appartenenza.
Se muore il Messina muore la speranza di quei giovani che amano Messina.
Nella mia terrazza circondata dalle Alpi il clima non è sereno, le voci sono allarmanti, mio figlio undicenne tifoso del Messina, a un certo punto rompe il silenzio: “Papà perché non sei nato a Bergamo? L'Atalanta male che va fa la serie B, è guidata da presidenti seri e pluri milionari e noi sempre nella miseria e nello sconforto”.
Rispondere è difficile: terra martoriata la nostra, anche dal punto di vista sportivo, ma il messinese eroicamente ha superato terremoti e catastrofi naturali, non si è mai arreso alle dominazioni straniere e si è sempre rialzato. Confido in questo e nei messinesi autentici.
Salviamo il Messina
Giuseppe Puleo
Autore: MNP Redazione / Twitter: @menelpallone
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