Il tempo non è una variabile indipendente all’interno delle logiche, seppur molto aleatorie, appartenenti al mondo del calcio.
LA RICOSTRUZIONE - Il Messina, ricostruito di sana pianta dalle ceneri di una gestione tecnico sportiva e organizzativa non consona nemmeno per un campionato dilettantistico, soprattutto nel periodo da novembre a metà gennaio, ha compromesso in modo quasi irrimediabile l’esito finale di una stagione anomala anche per un torneo avvezzo a situazioni borderline come quello della serie C italiana. Nel girone C 2024-25, infatti, ci sono due squadre (Turris e Taranto) ormai condannate a sparire dall’ambito professionistico e una (Juventus Next Gen) che ha regalato punti a quasi tutte le avversarie per 15 giornate, per poi iniziare a correre con il ritmo di chi vuole arrivare primo. Pertanto, la classifica finale sarà ampiamente condizionata dall’eventuale sparizione di almeno una società prima del 27 aprile, data conclusiva della stagione regolare, e dal periodo nel quale si è incontrata la squadra B del più titolato club all’interno dei nostri confini nazionali.
LA ZAVORRA - Aumentano, quindi, le responsabilità per chi ha preso le decisioni tecniche in estate, designando figure in ruoli chiave (ds, allenatore, responsabile organizzativo) totalmente inidonee a un campionato in linea con l’obiettivo della salvezza. Perché, proprio quest’anno, sarebbe stato più semplice mantenere la categoria, essendoci solo un posto da assegnare, e, invece, ci si trova nella peggiore condizione di classifica da quando questo Messina è approdato in serie C. Bastava operare sul mercato con oculatezza, secondo logiche improntate al rispetto dei parametri economici e non a convenienze di altro genere, che hanno portato in rosa elementi di livello tecnico e caratteriale sotto la media della categoria, innescando un meccanismo perverso all’interno del gruppo squadra già molto prima dell’inizio del calciomercato, periodo in cui sono deflagrate tutte le contraddizioni e gli errori enormi compiuti da proprietà, presunto management, tale solo sulla carta o su autoinvestitura, e staff tecnico vittima di presunzione e insoddisfazione cronica.
NORMALITA' - La dimostrazione di questo assunto è data dai giorni trascorsi tra metà gennaio e oggi, caratterizzati da una figura di riferimento costantemente presente nella veste di amministratore, un direttore sportivo operativo affiancato da un collaboratore attivo, un tecnico motivato, una struttura organizzativa essenziale, ma pronta a darsi da fare per risolvere i problemi e non intenta solo a lamentarsi di qualsiasi difficoltà urbi et orbi. Una piccola ventata di professionismo, come sarebbe normale a questi livelli, che ha portato il ritorno di una discreta presenza sugli spalti (circa 4.000 spettatori per le gare con Latina e Picerno) e un minimo di fiducia nell’impresa della salvezza, anche se il risultato di ieri pomeriggio ha affievolito la spinta iniziale dell’ambiente su questo gruppo.
ONORI E ONERI - Partiamo, comunque, dal presupposto che la difficoltà dell’impegno di mantenere la categoria partendo da un significativo svantaggio e affidandosi a un totale ripristino della rosa, non fornisce alcun alibi preventivo a nessuno tra gli attuali protagonisti che rappresentano il Messina, perché si tratta di una loro scelta professionale dai contorni di sfida e, in caso di realizzazione dell’obiettivo, avrebbero scritto una pagina fondamentale della loro carriera, assumendosi il rischio di una retrocessione dal sapore funesto per le speranza di resurrezione in una piazza storica del calcio italiano, tormentata da troppi anni di mediocrità.
LE SCADENZE Ovviamente, questo refolo di normalità (termine abusato nell’annus horribilis 2017) potrebbe essere spento da eventi, al momento non prevedibili, nel prossimo futuro, sotto forma di scadenze per stipendi e contributi relativi ai mesi di dicembre e gennaio (17 febbraio) e per la prima rata (20 febbraio) pari a 1.250.000 euro, il 50% della contropartita fissata nell’atto di cessione dell’80% delle quote del Messina da Pietro Sciotto all’AAD Invest Group. Ma, intanto, incombe la sfida con il Benevento di sabato prossimo, prima chiamata all’impresa per il gruppo biancoscudato.
ORGOGLIO E RISPETTO - L’emblema di questa fase cruciale nella vita del Messina è il tecnico Simone Banchieri (voto 6,5 per la gara con il Picerno), costantemente all’opera nel ricordare a tutti coloro i quali lo circondano, dal magazziniere al tifoso della curva, che il Messina ha una storia, merita il rispetto dell’ambiente calcistico, dentro e fuori dalla nostra città. L’accenno all’arbitro designato per la sfida con i lucani si riferisce più a questo concetto che non ai singoli episodi, nei quali Mirabella e i suoi collaboratori non hanno commesso errori marchiani, preferendo interpretare il tocco con il braccio di Gyamfi come falloso, rilevando il fuorigioco di Bernardotto qualche minuto dopo o considerando regolare il tocco del difensore sul tiro di Crimi a fine primo tempo. Più condivisibile l’osservazione di Banchieri su alcuni interventi arbitrali in episodi meno evidenti, perché effettivamente ci sono state delle decisioni troppo fiscali che hanno fermato potenziali azioni pericolose, ma non sono alibi alla mancata vittoria biancoscudata, dipendente da altri fattori.
COMPATTEZZA CONTRO AGONISMO - Dal confronto con il Picerno emerge innanzitutto la differenza tra il Messina costruito in quindici giorni, in campo con 8/11 totalmente nuovi, e una squadra collaudata da anni, con una struttura fissa migliorata da elementi di categoria, che gioca sempre con lo stesso modulo passando da Longo a Tomei, dotata di due esterni molto forti, gente rapida e forte fisicamente in attacco, un metronomo che detta tempi di gioco e si fa sentire in campo. Un gap colmato dalla grande forza agonistica, dalla sapienza tattica dei leader tecnici e dalla bravura del portiere, caratteristiche di base sulle quali si può costruire la salvezza, ma non sempre aiuteranno per portare la vittoria. In queste situazioni, come sottolineato da Banchieri a fine gara, bisogna sempre portare a casa qualcosa; quindi, quello di ieri resta un punto guadagnato, anche se le esperienze passate insegnano che serve anche “rubare” qualche partita per accumulare i punti indispensabili alla rimonta.
SUPERTITAS - Passando alla valutazione dei singoli, migliore in campo, tra i biancoscudati, sicuramente Titas Krapikas (8), per il rigore parato, accompagnato da altri interventi decisivi per mantenere inviolata la sua porta e da un atteggiamento mentale straordinario in questa categoria. Anche le parole in sala stampa sottolineano come il lituano si colloca tra gli uomini di personalità sui quali fare affidamento in questa ultima parte di campionato.
DIFESA ASSIDUA - La linea difensiva totalmente nuova riesce a lavorare bene, mostrando solidità, malgrado fosse composta da calciatori arrivati a Messina due settimane fa o da pochi giorni. Gyamfi (6) compensa con l’impegno qualche leggerezza difensiva, anche se, dalla sua parte, stazionava Guerra, uno degli esterni più forti nel girone. Il ghanese conferma la sua buona propensione alla fase offensiva, così come il compagno Haveri (6) sulla fascia opposta, prorompente in prossimità dell’area avversaria, meno assiduo nel controllare Pagliai, rimasto a Picerno dopo essere stato vicinissimo a vestire la maglia del Catania. Migliore impressione desta la coppia centrale arretrata, partendo dall’esordiente in biancoscudato Gelli (6,5), fisico possente, ma anche tempismo negli interventi di piede ed aerei e finendo con Dumbravanu (6,5), sempre più vicino ai buoni standard di rendimento della scorsa stagione.
CORSA E FOSFORO - Prova davvero dura per il centrocampo biancoscudato che si deve confrontare con giocatori abituati a fare del palleggio manovrato il punto di forza del loro sistema di gioco. Garofalo (6,5) si danna l’anima correndo per tutto il match e arriva a pochi centimetri dal suo secondo gol consecutivo, colpendo la traversa in conclusione del primo tempo, Crimi (7) merita mezzo voto in più dovuto alla sua abnegazione e alla intelligenza con cui gestisce l’ammonizione presa a inizio ripresa senza calare di un millimetro la sua intensità di gioco, mentre delude leggermente le alte aspettative su di lui Buchel (6) stranamente poco preciso nelle giocate e, a volte, frenetico nel cercare immediatamente i compagni.
ATTACCO SFIANCATO - Note non positive per l’attacco, visto che Tordini (5,5) stenta a trovare i tempi giusti di gioco e inserimento, Luciani (5,5) spreca un pallone d’oro al 9’, mandando alto con il portiere a terra, ma non lesina corsa e pressing, cercando di aiutare i compagni, e, infine, Vicario (6,5) fa intravedere sprazzi di classe, come in occasione dell’assist in profondità per Luciani citato nel voto al ragazzo di Frosinone.
PANCHINA ACCORCIATA - I pochi uomini a disposizione limitano la possibilità di scelta in panchina e, quindi, stavolta non viene il guizzo giusto dai subentrati. Pedicillo (6) ci mette tanta buona volontà, ma i compagni sono molto stanchi nei 37’ in cui resta in campo, e becca il giallo che gli impedirà di essere presente a Benevento. Mancanza importante, perché il ragazzo acquistato dalla Triestina è un jolly utilizzabile sia in avanti che nel centrocampo, come mezzala. Costantino (6) ha pochissimi palloni giocabili, esita in una situazione nella quale non punta l’avversario per andare in porta e preferisce servire i compagni, ma si vede che è in ritardo di condizione. De Sena (6,5) pur essendo reduce da tre giorni di fermo per la febbre, dà imprevedibilità e rapidità, viene fermato dall’arbitro in una ripartenza nella quale aveva servito Garofalo con una autostrada libera verso Summa, tocca di testa il pallone che avrebbe potuto dare al Messina la vittoria nei minuti di recupero, ma ne esce fuori una deviazione troppo pulita per impensierire il portiere lucano.
Sarebbe stato, forse, un premio eccessivo, ma servono anche gli aiuti della fortuna per tirarsi fuori dalla zona retrocessione e questo Messina dovrà ricorrere a tutte le risorse possibili e immaginarsi per mantenere la categoria.
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