Bastano dieci minuti giocati in modo più intenso dall’avversario per mettere al tappeto il Messina anche a Potenza, decima sconfitta su venti gare giocate, un ruolino di marcia che, malgrado la sua mediocrità, si colloca al secondo posto tra quelli vissuti nello stesso periodo stagionale, dal 2021 a oggi. Sedici punti, infatti, sono tre in meno dello scorso anno, ma anche due in più rispetto al 2022 e tre se prendiamo come riferimento l’esordio tra i professionisti di questa società.
CIELI NERI - Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, o all’ombra di un cielo grigio, solo che, alla lunga, le rimonte clamorose vissute con Raciti in panchina e, in parte, nell’ultimo torneo, possono non ripetersi e il destino di una retrocessione incombe in modo sinistro, oltre che paradossale, considerando la condizione di due società come Taranto e Turris, presenti in graduatoria per onore di firma e non sappiamo fino a quando. Se guardiamo al cammino del Messina fino a questo momento, partendo dal mese di luglio, quando si costruì la rosa, la tappa del “Viviani” sembra appartenere al primo periodo, quello in cui le prestazioni di livello discreto venivano vanificate da errori banali dei singoli o di interpretazione delle singole giocate avversarie.
I SOLITI ERRORI - L’episodio del gol di Rosafio è sfortunato solo nella sua conclusione, deviata involontariamente in modo decisivo da Manetta, ma nasce da una rimessa laterale battuta senza che nessuno vada a contrastare né chi se ne incarica e nemmeno il calciatore a cui è destinata la palla, lasciando tutti liberi di agire senza nessuna pressione. Sul raddoppio, Schimmenti, diventato imprendibile sulla destra dopo l’uscita di Rosafio, prende in giro Manetta in area e arriva sul fondo per dare un assist delizioso a Castorani, mentre la linea difensiva è schiacciata verso Krapikas. Ma, nei minuti precedenti, la linea arretrata biancoscudata era troppo svagata, perdendo palloni banalissimi in uscita e senza riuscire a tenere le distanze. Un canovaccio già visto in passato e recitato perfino a Torre del Greco, dove solo il rigore sbagliato nel finale dai campani ha consentito di cogliere i soli tre punti degli ultimi 6 turni giocati, con 5 sconfitte, esattamente come il mese di novembre nero dello scorso anno.
ASPETTANDO GODOT - In qualunque altra società o ambiente si parlerebbe di rivoluzione tecnica e della rosa, qui a Messina si resta in attesa di qualcuno o qualcosa che possa cambiare l’inerzia prima possibile. Ovviamente, stiamo parlando di un intervento deciso che comprenda le figure apicali del settore tecnico e dirigenziale, dove, al momento, esistono solo Giacomo Modica in panchina e Pietro Sciotto alla presidenza, in modo da agire tempestivamente sul mercato tagliando immediatamente i tanti rami secchi (almeno 8 giocatori non sono all’altezza del compito di rimontare in graduatoria) e prendendo  4-5 elementi di categoria più qualche giovane di maggiore affidamento rispetto alle speranze appassite, vestite di biancoscudato, che abbiamo visto all’opera in queste prime 20 giornate.
IL MISTER - Sabato scorso era ritornato a parlare con i cronisti, ieri Giacomo Modica (voto 5) perde l’occasione per risalire nella classifica della credibilità dopo aver chiesto appoggio ed aiuto a ciò che resta dell’ambiente attorno alla squadra. Sapevamo tutti che il processo di crescita di questo gruppo sarebbe stato complicato e irto di momenti difficili, ma se, in ogni partita, vediamo sfiorire le buone intenzioni con il passare dei minuti e riscontriamo poca lucidità nel leggere i momenti del match (sostituzioni intempestive o inspiegabili, mancanza di attenzione su situazioni banali, scarsa attitudine agonistica nei presunti uomini chiave), allora qualche responsabilità da parte del manico esiste e non è facilmente aggiustabile, dopo una stagione e mezza in cui si sono ripetuti i medesimi errori. Fermo restando che non si chiede un rendimento da primi posti in classifica, considerando la caratura dell’organico ma, adesso, serve cambiare marcia immediatamente e, soprattutto, spirito pratico, lasciando da parte le belle figure fini a se stesse.
CAMBI IN CORSA - Incomprensibile, ad esempio, la scelta di sostituire, prima del 60’, Petrungaro (7), di gran lunga il migliore in campo. Il numero 11 biancoscudato, con quella di ieri, ha collezionato 19 presenze, ma solo una volta, nella gara contro la Juve Next Gen, ha completato gli interi 90’, quindi, essendo un classe 2000, o ha qualche problema fisico endemico, oppure non si capisce perché sia quasi sempre il primo a essere sostituito, considerando il suo rendimento complessivo, comunque,  più che dignitoso. Anche il ritardo nel cambio di Lia, rimasto a terra un paio di minuti prima del gol del pari, richiama altre incertezze nel prendere le decisioni da parte della panchina così come poco furbo, nella circostanza, anche il calciatore che, nel resto della gara, aveva disputato una buona prova (6 pieno per l’esterno lentinese).
Bene anche Anzelmo (6,5) attivo, presente, ambizioso in qualche giocata più complicata provata e non sempre riuscita, però sembra avere l’atteggiamento giusto per poter affrontare il cimento. Al contrario, non sappiamo se quella di ieri sia stata la sua ultima apparizione in biancoscudato, ma Frisenna (5) conferma di essere quasi un pesce fuor d’acqua, perché alterna momenti di ardimento consueti qualche mese fa a distrazioni o leggerezze imperdonabili, visto che, ancora una volta, come a Biella, si addormenta davanti al portiere quando bisognava sbloccare il risultato. Stessa impressione, ma con l’aggiunta di una deprimente lentezza dovuta al decadimento fisico, quella che dà Petrucci (5), sempre un attimo in ritardo rispetto a ciò che serve, anche se l’impegno non manca, però si fa quel che si può e, al momento, serve poco alla causa. Per oltre mezz’ora fa parte del match anche Garofalo (5,5) che non va oltre le buone intenzioni, quasi mai suffragate da una giocata incisiva. Note contrastanti vengono dalla difesa, dove Manetta (5) entra da protagonista negativo nei due gol potentini, in un caso suo malgrado, quando da lui ci si aspetterebbe saldezza di spirito nella tempesta, Rizzo (5,5) limita un Rosafio non eccelso ma lascia troppo spazio agli inserimenti dei centrocampisti rossoblù, Ndir (6) fa perfettamente ciò per cui è stato messo in campo, cioè spazzare di testa e di piede qualsiasi pallone arrivi dalle sue parti.
In attacco, già detto di Petrungaro, pomeriggio non di grande spicco per Anatriello (6) più sacrificato per la squadra e un po’ ignorato dai compagni, mentre Cominetti (5,5) fa meglio di altre volte addirittura arrivando alla conclusione e realizzando un paio di sponde, ma davanti al portiere resta l’impaccio del principiante. Dalla panchina arrivano Salvo, (5,5) entrato nel momento peggiore della squadra, balla nei dieci minuti decisivi per il risultato, Ortisi (5), impalpabile, e Pedicillo (5) l’ombra del giocatorino ammirato nelle prime giornate. Infine Krapikas (6), incolpevole sui gol, incerto nelle uscite su due corner in finale di primo tempo, pronto nei tiri prendibili. Vedremo se lui sarà tra i pilastri che si dovranno far carico, per la quarta volta consecutiva, di un girone di ritorno tale da poter mantenere, a Messina, la serie C e il professionismo nel calcio, al momento il massimo risultato raggiungibile in una piazza da troppo tempo lontana dalla gioia e dal sogno.

Sezione: Il focus / Data: Lun 23 dicembre 2024 alle 09:00
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
vedi letture
Print