L’analisi della settima sconfitta in campionato subita dal Messina, la seconda casalinga, che bissa, in negativo, il risultato della scorsa domenica a Bari contro l’Altamura, deve, necessariamente, essere divisa in due segmenti, partendo dalle vicende societarie per poi passare a quanto accaduto ieri in campo, alla ricerca di un quadro chiaro del momento in casa biancoscudata.
L’ATTESA – In amore, i preliminari aumentano il piacere, ma, nel caso dei tifosi del Messina, il rogito siglato dal notaio Silverio Magno giovedì scorso, in tarda serata, invece di solleticare la fantasia e dare prospettive di future soddisfazioni, per non avventurarsi nelle metafore più hard, ha scatenato reazioni prevalentemente negative, nella migliore delle ipotesi tendenti allo scetticismo, nei casi più estremi addirittura sfociati in vere e proprie profezie di sventura.  
Sicuramente, la segretezza di una trattativa prolungatasi per oltre 5 mesi, ha tolto qualunque riferimento concreto a chi segue le sorti del Messina (ormai quasi prevalentemente tenendosi ben distante dallo stadio in contrada S.Filippo), ma in pochissimi hanno evidenziato l’importanza essenziale di un evento mai avvenuto, da queste parti, nella storia recente degli avvicendamenti societari riguardanti la massima espressione del calcio cittadino. Si tratta dell’impegno, preso davanti a un pubblico ufficiale, a definire la cessione dell’80% delle quote dell’Acr Messina dal titolare dell’intero pacchetto azionario Pietro Sciotto alla AAD Invest Group, società fiduciaria di un fondo lussemburghese-americano (non specificato nel comunicato ufficiale diramato venerdì dall’Acr) rappresentata, nell’occasione, dai due soci che la compongono, Doudou Cisse e Alexandre Chateaux.
ARSENICO E PREGIUDIZI - Nessuna sorpresa per la reazione gelida da parte dell’ambiente, anche perché, nell’era di internet, si possono scovare pessime referenze o santificazioni di chiunque, e, quindi, lo scetticismo è naturale, soprattutto quando si tratta di soggetti giuridici che operano sui mercati finanziari, volatili per definizione. Fa pensare, però, l’ostilità pregiudiziale di fronte a interlocutori che, comunque, hanno fatto passi concreti per acquistare il Messina, così come il presidente ha firmato ufficialmente un atto nel quale si impegna a cedere l’80% della sua creatura.
Vengono, quindi, sfatati due capisaldi della narrazione sulle vicende del Messina in questi ultimi 8 anni: “nessuno vuole il Messina” e “Sciotto non vuole vendere”.  
SCURDAMMUCCE O PASSATO - Ciò al netto della considerazione sulle precedenti occasioni in cui si erano manifestati probabili acquirenti, che avevano fatto precedere la parte concreta di una eventuale trattativa, da una serie di visite, conferenze stampa, dichiarazioni e “processioni” di vario genere e natura. Trattative mai arrivate nemmeno vicino alla fase del preliminare davanti al notaio, per motivi vari, sui quali sarebbe troppo lungo e ridondante tornare adesso. Certamente, il confronto stride e sorprende un ambiente che, nel passato più o meno recente, aveva visto sfilate fatte da pretendenti mai arrivati nemmeno vicini al fidanzamento, figuriamoci a prendere impegni concreti o versare somme sul conto dedicato di un notaio.

IL MURO DEL SILENZIO - Stride perché dei signori Cissè e Chateaux al momento conosciamo solo foto, dichiarazioni o vicende scaricate da internet e, men che meno, sappiamo quale sarà il fondo americano-lussemburghese che finanzierà l’operazione o le loro intenzioni per costruire un progetto vincente nel calcio a Messina, dopo quasi 20 anni di follie pallonare (in tutti i sensi attribuiti a questo termine).
Nessun comunicato, né presentazione, o intervista, un riserbo che accresce la freddezza su questa ipotesi, nell’attesa di un segnale di vita. Dei  due soci della AAD Invest Group non si hanno notizie dalla sera di giovedì scorso, quando, lasciato lo studio del notaio Magno, sono tornati a Milazzo dove hanno risieduto tutte le volte in cui sono venuti a discutere di persona le diverse fasi della trattativa.
Tenerli lontani dalla città sicuramente ha evitato eventuali interferenze o chiacchiere eccessive, ma adesso servirebbe anche una manifestazione concreta da parte di chi avrà il gravoso compito di ricostruire la speranza e la passione attorno al calcio nella nostra città.

LONTANO DAGLI OCCHI - Il silenzio e la distanza, infatti, hanno caratterizzato la vigilia della sfida con il Sorrento, perché il presidente Sciotto, dopo le oltre tre ore trascorse a rifinire e poi siglare l’intesa, è tornato a casa staccando tutte le comunicazioni verso l’esterno, ma anche all’interno della società. I due firmatari del preliminare per la parte promissaria acquirente non erano presenti allo stadio, ma ciò non desta scalpore considerando l’assenza del patron che non vede una gara del Messina dalla sfida con il Potenza che chiuse, la scorsa stagione, gli impegni casalinghi. All’interno dell’organigramma societario non esiste una figura intermedia in grado di gestire con compiutezza e piena professionalità i rapporti tra l’ambito strettamente sportivo e quello amministrativo o logistico-organizzativo; quindi, si continua a operare, nella migliore delle ipotesi, a compartimenti stagni e resta l’impressione di una nave tenuta a galla dalla buona volontà dei singoli in un mare nel quale, se non si rema tutti dalla stessa parte e in modo coordinato, si viene travolti, in campo e fuori.
SCENDIAMO IN CAMPO - Ecco, quindi, che si può entrare nell’aspetto più direttamente legato al campo, in quanto la sconfitta di ieri contro il Sorrento nasce da fattori interni ormai patologici in questa squadra (poca concretezza e cattiveria sotto porta, assenza di leader carismatici in campo, troppe disattenzioni e leggerezze in fase di non possesso), ma anche in tutto quello che può influire esternamente sul risultato (decisioni penalizzanti delle terne arbitrali, scarsa considerazione nell’ambiente calcistico, abbandono da parte del proprio pubblico).
Quindi, si regalano punti ad avversari di livello teoricamente abbordabile come l’Altamura la scorsa settimana, o modesti ma umili nel modo giusto (Cavese e Sorrento), un problema da risolvere immediatamente, perché i prossimi tre avversari prima della fine del girone di andata sono Turris e Juve Next Gen in trasferta, con, in mezzo, il Foggia al “Franco Scoglio”.
Scontri diretti nei quali i punti valgono triplo e non ci si può distrarre con pensieri sul futuro prossimo personale (a Messina o lontano dalla nostra città), ma occorre concentrarsi su come fare rendere al massimo se stessi in funzione del gruppo.
Giacomo Modica (voto 5), nella gara di ieri pomeriggio, ha scelto una formazione equilibrata, senza rinunciare alle proprie idee e, per quasi tutto il primo tempo, il Messina avrebbe meritato di passare in vantaggio costruendo almeno 4 occasioni chiare, compresi i due gol annullati. Il suo collega Barillari, in sala stampa, dice “il lavoro dell’allenatore si ferma al momento in cui si arriva al tiro ed il Messina non è stato concreto”, facendo i soliti, facili, complimenti all’avversario da parte di chi vince.
Anche ieri, però, ci sono state delle criticità che non possono sempre essere frutto del caso o della cattiva sorte o delle persecuzioni del palazzo. Innanzitutto, il carattere della squadra quando passa in svantaggio e la reazione si ferma al compitino portando palla in modo fluido fino al limite dell’area avversaria per poi diventare sterile.
NO HUEVOS NO PARTY - L’assenza di gente in campo che abbia personalità ed attributi per andare fuori dagli schemi e cambiare l’inerzia della partita non è dovuta solo a questioni di budget, perché ci sono alcuni elementi nella rosa di quest’anno che sono palesemente inadeguati al contesto di questo campionato e sommando il costo dei loro ingaggi, si sarebbe potuta prendere una punta più determinata e un centrocampista con personalità, per dare man forte ai giovani, i quali, per essere chiari, sono stati tra i migliori in questo scorcio di campionato.
LE DOMANDE NEL VUOTO - Non si comprende, ad esempio, quale sia l’apporto di Cominetti (5), ancora una volta lento e inconcludente per 25’ dopo il suo ingresso in campo al posto di Petrungaro (6,5) sostituito per problemi fisici presunti, visto che il mister, ormai da oltre un mese, ha deciso di non dare più nessuna comunicazione alla stampa e, quindi, ai tifosi, non si capisce se per lesa maestà o per altri, imperscrutabili, motivi, vista l’assoluta assenza di spiegazioni ufficiali da parte della società.
Quindi, non sapremo mai quale sia la ragione della presenza in campo, dal 78’ di Luciani, pure stavolta impossibile da valutare, visto che non tocca una palla e sta sempre nascosto dietro al difensore avversario su tutti i cross arrivati nell’area sorrentina.
Come mai dentro Ortisi (5) tutto ardore e confusione nella metà campo avversaria, lasciando praterie agli attaccanti rossoneri in fase di non possesso, al posto di Rizzo (6,5) fino a quel momento tra i migliori in campo, e non di Marino (5,5) messo in difficoltà sempre non appena aumentava il ritmo dal tango non figurato alla rumba?
L’unica sostituzione spiegabile guardando solo alla partita è stata quella di Pedicillo (5,5) apparso spremuto dopo 15 partite in cui ha girato tutte le posizioni in campo di centrocampo e attacco, con Mamona (5,5) che, però, nei primi 10’ di qualsiasi sua apparizione, sembra sempre un misto tra Faustino Asprilla e Rafael Leao, ma poi ritorna nella sua dimensione di modesto pedatore in serie C dal quale non ti aspetti mai che indovini un cross vincente dal fondo o segni nel caso in cui arrivi davanti al portiere avversario. Da qui la sorpresa al minuto 59, quando Anatriello gira di destro tra le braccia del portiere un passaggio perfetto dal fondo del carissimo Blu. A proposito del centravanti giallorosso, la sua prestazione di ieri non può andare oltre il 5,5, ma solo perché comunque, pur non essendo in giornata positiva, è l’unico a vedere la porta, anche se non scuote la rete dopo pochi minuti con un colpo di testa troppo timido e, nella ripresa, invece di tirare, preferisce l’assist, sprecando malamente una ottima chance.
Nel finale, addirittura, al suo posto si vede Re (sv), 12’ in campo in cui, a dispetto del nome, se si fosse trattato di briscola, sarebbe stato un liscio e non una figura.
LA TESTA ALTROVE - Discorso particolare, invece, quello che riguarda il centrocampo, dove il più distratto, forse con la testa già al mercato invernale, è Frisenna (5), che ne indovina davvero poche in tutte e due le fasi, troppo leggero in disimpegno e poco incisivo quando si tratta di rifinire nei pressi dell’area avversaria. Il suo sostituto naturale nel roster potrebbe essere Di Palma, ma, come Morleo o Ndir, si tratta di desaparecidos quasi al livello di Zammit o Zona l'anno scorso.  Meglio del numero 8 giallorosso si comporta Garofalo (5,5), ma solo nel primo tempo, perché alla distanza si spegne per poi lasciare il posto all’uomo ombra Luciani.
RAGAZZO DENTRO - Anzelmo (6,5) è tra quelli che interpreta la partita nel modo più giusto, lottando su ogni pallone, rischiando la giocata quando serviva e persino spingendosi avanti con risultati modesti nelle conclusioni verso la porta, ma questo ragazzo dimostra carattere e, se dovesse migliorare l’aspetto fisico, potrebbe fare una buona carriera. Prestazione interlocutoria per Peppe Salvo (6), protagonista involontario, in negativo, all’inizio dell’azione che porta al gol decisivo, quando perde un contrasto e si ferma pensando che la palla sia andata fuori, ma poi presente in modo abbastanza assiduo nel resto della gara. Manetta (6) è superlativo in alcuni recuperi che chiudono, in piena area, la traiettoria di tiri pericolosissimi, ma poi resta troppo passivo sulla penetrazione di Colangiuli e conseguente cross trasformato in tre punti per il Sorrento da Bolsius e si becca il solito cartellino giallo per eccessiva pressione nella metà campo avversaria, ormai segnato in tabellino da tutti i cronisti prima della gara per non perdere tempo al momento di chiudere il pezzo.
Infine, Krapikas (5,5), perfetto nel primo tempo quando chiude su un tiro di Bolsius rasoterra insidioso e, nella ripresa, a tu per tu con Musso, ma improvvido ai limiti dell’autolesionismo al momento in cui esce dalla sua porta totalmente fuori tempo per chiudere su un cross dal fondo e arriva l’1-0. Il portiere lituano, addirittura, al 3’ di recupero, si catapulta in area sorrentina su un calcio d’angolo, ma non arriva la sua deviazione di testa e, quindi, si spengono lì le ultime speranze di un pareggio in extremis. Invece, è arrivata una sconfitta dopo la quale serve correre subito ai ripari, perché il tempo per recuperare si assottiglia giornata dopo giornata e il silenzio o l’attesa portano a orizzonti troppo cupi.

Sezione: Il focus / Data: Lun 25 novembre 2024 alle 09:00
Autore: Davide Mangiapane
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