Analizzare una partita come quella giocata contro la Cavese, arrivati ormai alla vigilia del derby di Catania può servire a prendere consapevolezza di quanto sia delicato il momento in casa Messina, arrivati alla dodicesima giornata di campionato con solo 9 punti. La squadra che, nei primi due mesi della stagione agonistica, aveva mostrato prestazioni più che dignitose macchiate da qualche distrazione fatale per poter raggiungere una posizione in classifica più tranquilla, ha lasciato il posto a un gruppo improvvisamente privo di forze mentali e fisiche, non in grado di affrontare avversari più forti, o anche alla propria portata, senza incorrere in figuracce. Il crollo verticale, purtroppo, avviene proprio nel momento in cui si dovrà andare al “Massimino”, in una delle due sfide più sentite dalla tifoseria biancoscudata, e c’è il forte timore di continuare nella serie negativa, scavando un solco difficilmente colmabile con l’ambiente, ormai scollato e scocciato da un loop infinito di problematiche alimentate dalle contraddizioni di una proprietà schizofrenicamente impegnata nella (non)gestione ordinaria e nel rendere sempre più ingarbugliate e poco chiare le vicende societarie legate a un chimerico passaggio di consegne.

L’atmosfera spettrale del “Franco Scoglio”, almeno fino all’arrivo dei 200 tifosi giunti da Cava de’ Tirreni che hanno riempito di canti e colore uno stadio sempre più simile a un rottame dopo una guerra nucleare, la resa sul campo alle prime avversità, il dopo partita fatto di dichiarazioni poco convinte e silenzi, il colpevole ed irrispettoso mutismo della società riguardo a una trattativa ormai quasi spenta (a proposito, risparmiateci le solite favole su oscuri complotti del fato o di misteriosi nemici), l’assoluta assenza di provvedimenti o prese di posizione degne di una società professionistica, sono solo alcune istantanee del presente in tinta biancoscudata, senza prospettive se non quelle dell’ennesima miracolosa salvezza, affidata, magari, a un gol in extremis o a qualche penalizzazione, facendo leva sulla capacità del patron di sapere fare, personalmente, tutti i bonifici o gli addebiti per contributi e ritenute, richiesti dalla normativa federale, in tempo e senza errori materiali. E, magari, trovare l’estro e la volontà per depositare i bilanci degli esercizi 2022 e 2023 alla Camera di Commercio, per consentire a chi, eventualmente, abbia intenzione di interessarsi al Messina (come eventuale acquirente, socio, sponsor, finanziatore) di partire da un minimo di dati certi e non soltanto dei prospetti excel preparati della proprietà o dei verbali di controllo della Covisoc, che sono documenti dalle finalità completamente diverse. Senza almeno il minimo sindacale di trasparenza, la probabilità che si avvicinino solo speculatori o millantatori si alza in maniera esponenziale, ammesso che alla proprietà interessi realmente vendere le quote del Messina a qualcuno che possa dare una prospettiva vincente al calcio nella nostra città.

Tornando alle vicende del campo, la gara della notte di Halloween ha mostrato alcuni difetti congeniti che si devono mascherare per evitare di precipitare in una crisi ancora più profonda. Partendo dal vertice, le responsabilità di Giacomo Modica (4) non possono essere messe in secondo piano, seppure solo con un intervento deciso e senza pregiudizi o presunzione da parte del mister si potrà venire a capo in modo positivo da questa situazione. Sua la responsabilità nella costruzione di questa rosa accettando parametri di budget e ostacoli a inizio stagione, suo il compito di trovare il modo di svolgere il bandolo di questa matassa abbastanza intricata, al di là delle professioni di fede assoluta ascoltate dai calciatori.

Giovedì scorso il buon Giacomino ha perso la sfida con Maiuri, dal punto di vista della gestione, ricorrendo al cambio di modulo dopo 10’ della ripresa e, di fatto, aprendo varchi enormi per gli attaccanti blufoncé, con la complicità soprattutto, ma non solo, ovviamente, del peggiore in campo in senso assoluto, cioè Marino (3), un calciatore non in grado di sostenere l’impatto di una partita in terza serie. Il difensore avvia la ripartenza (lentissima) da cui nasce il gol del pari, frutto di una sua deviazione sfortunata ma favorita da lui e dai suoi compagni che si opponevano a Diop mettendosi a due metri dall’attaccante avversario, poi lascia il buco sul lancio del portiere non colmato da Morleo per il 2-1 di Fella, infine corona la sua apparizione da invitato al ballo delle streghe con l’accompagnamento fino al tiro di Vigliotti e l’espulsione al 77’, tanto per spegnere qualsiasi velleità. Acquistato per essere uno dei pilastri, secondo quanto detto da Pavone in settimana, Marino rappresenta la peggiore scelta del mercato estivo, con diversi compagni a poca distanza da lui, a dire il vero. Incomprensibile la scelta di Modica nel triplo cambio al 56’, quando preferisce mantenerlo in campo malgrado fosse ammonito così come chi è stato sostituito in difesa.

Prova pessima anche da parte di Krapikas (4,5), che ha sulla coscienza la passività dimostrata sul primo e terzo gol e il ritardo fatale nel valutare l’opportunità di una uscita sul secondo. Il lituano deve riprendersi immediatamente, sennò diventa veramente durissima. Il resto della difesa balla tremendamente quando la squadra ha mollato, mentre, con il 3-5-2, dimostra un minimo di solidità, subendo solo il tiro dal quale nasce il fortunoso pareggio campano a fine primo tempo. Manetta (5) è complice di piazzamento errato nelle reti subite nella ripresa, Rizzo (6) si salva solo perché sostituito, Lia (5,5) tende un po’ a nascondersi, anche se si prende il merito dell’assist per il provvisorio vantaggio. Morleo (5) alterna buone cose a momenti di amnesia. Il centrocampo giallorosso tiene solo per 45’, poi si scioglie, anche se qualche avvisaglia della serata negativa si era già vista nel primo tempo.

Frisenna (4,5) fa una delle sue peggiori prove in maglia biancoscudata, perdendo troppi palloni e sbagliando scelte in prossimità dell’area avversaria, quando il Messina era martello e doveva battere forte dalle parti della porta avversaria. Anzelmo (5), in versione pulcino bagnato, speriamo tragga insegnamenti e fortifichi il carattere dopo questa gara giocata interamente senza mai trovare posizione o tempo di giocata giusta. Pedicillo (5) stavolta delude, perché rimane intruppato nelle contraddizioni della squadra senza mai riuscire ad emergere con qualche giocata estemporanea e, quindi, per la prima volta in stagione, risulta tra i primi ad essere sostituti, da Garofalo (4) evanescente e, a tratti, irritante. Nel reparto di attacco, l’unico ad essere vivo e dentro il match, così come avvenuto anche ad Avellino, è Petrungaro (6,5), autore di un gol di astuzia, ma sempre disposto a metterci gambe e cervello per provare a cambiare l’inerzia della gara, purtroppo predicando nel deserto.

Gli altri attaccanti, invece, stanno lì a fare le statue di marmo, anzi di frutta martorana, per restare in tema di celebrazioni per i morti, partendo da Luciani (4), la cui istantanea della gara sta tutta nel crollo palla al piede che chiude il primo tempo, per continuare con Re (4) un moscerino che non dà fastidio a nessuno, mentre Anatriello (5) entra timoroso e, quindi, perde il 75% del proprio potenziale, rappresentato proprio dalla sua grinta inesauribile. Dalla panchina, Modica tira fuori anche Ndir (5), dopo l’espulsione di Marino, che, almeno, stavolta limita solo a una svirgolata il suo campionario di svarioni, senza incidere sul punteggio finale.

Sezione: Il focus / Data: Sab 02 novembre 2024 alle 11:11
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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